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PRESUNTO INNOCENTE
(PRESUMED INNOCENT)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 dicembre 1990
 
di Alan Pakula, con Harrison Ford, Greta Scacchi (Stati Uniti, 1990)
 
Lei è la fascinosa Greta Scacchi fotografata, fin troppo mollemente, prima di scomparire fin troppo velocemente, vittima del solito maniaco. Lui è Harrison Ford (che dopo FRANTIC di Polanski si dimostra sempre più bravo in questi ruoli di brav'uomo coinvolto in faccende più losche di lui) che dalla situazione di presunto innocente dovuta al proprio ruolo di Procuratore Pubblico si vede implacabilmente ridotto a quella d'imprevedibile colpevole.

L'altro lui, quello dietro la cinepresa che dovrebbe contare più di tutti perché tutto funzioni. Sulla traccia solida del fortunatissimo romanzo giallo di Scott Turow, il savoir faire di Pakula non significa ora nient'altro che l'indubbia crisi di conformismo che soffoca il più bel cinema del mondo, quello americano.

Come sempre, è dalla scrittura - per abile che sia - che si denota la stanchezza: quella di PRESUNTO INNOCENTE è di uno sconsolante manicheismo. Gli avvocati al processo aggrottano le ciglia, immediatamente inquadrati dalla cinepresa, non appena la controparte segna un punto a suo favore. Esulta la moglie, lacrima l'imputato, si rilassa soddisfatta la difesa non appena il giudice (buono, corrotto, dopo tutto comune mortale pure lui) accenna a far pendere il secolare braccio che sapete dalla loro parte: e la sceneggiatura, la camera ed il montaggio, subito pronti - come da computer, come da telefilm - a registrare.

Lo schematismo del mestiere di PRESUNTO INNOCENTE non è semplice teoria, pura questione accademica, faccenda un po' gratuita di qualità di linguaggio: ma, poiché lo sguardo è provvisto - appunto - di "qualità", problema di morale. O, meglio, d'immoralità.

Il moralismo del film, in una storia (che evidentemente non possiamo svelarvi) dalle pretese anticonformiste, è sconsolante: mogli che perdonano, amanti che pervertono, omosessuali che lucrano, bambini che campeggiano in una promessa d'erotismo e suspense squallidamente soft, dimostrano una sola cosa. Che non si può pensare in un modo, e scrivere in un'altro.

Pensare affari, e scrivere idee: è ciò che capita al cinema che fu anche quello di Alan Pakula.


   Il film in Internet (Google)

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